Haruki Murakami è forse lo scrittore giapponese più famoso al mondo. Libri come Norwegian Wood (1987) e Kafka sulla spiaggia (2002) sono testi conosciuti da tutti, anche solo per sentito dire. In genere, i suoi lettori sembrano sviluppare la sindrome del “devo leggere tutto ciò che ha scritto”, una volta finito il suo primo libro. Ma anche una volta letta tutta la sua biografia, in quanti possono dire di conoscerlo? Pochi, a meno che non abbiate letto Abbandonare un gatto (2019), dove – per una volta – lo scrittore parla molto di sé, o meglio del rapporto con suo padre e della sua infanzia. Un estratto del libro è disponibile in lingua inglese grazie al NewYorker.
Murakami nasce nel 1949 a Kyoto, la vecchia capitale del Giappone e “città dei mille templi”. È figlio di accademici, ma il suo rendimento scolastico non è particolarmente brillante. Forse perché i suoi interessi lo portano più che altro ad andare al cinema, a bere e a cercare di sfondare come musicista più che a studiare. Tuttavia all’età di 28 o 29 anni qualcosa fa click dentro di lui e inizia a scrivere il primo romanzo. Non si fermerà più, e i suoi lavori saranno uno più apprezzato dell’altro.
Il suo stile si riconosce per l’uso ostinato della prima persona singolare, del suo umorismo anche paradossale e di alcuni temi ricorrenti (come la musica classica, la scomparsa di una figura femminile e proprio i gatti, che compaiono spesso nei suoi testi).